La Procura antimafia di Palermo ha invocato dieci rinvii a giudizio nell’ambito dell’inchiesta della Dia, la Direzione investigativa antimafia, di Agrigento, battezzata “Breaking Bet”, ovvero scommessa spezzata, che ipotizza, a carico di 19 indagati, e a vario titolo, i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, esercizio abusivo di attività d’intermediazione nella raccolta di gioco tramite l’installazione di apparecchiature di gioco in assenza di concessione dell’Agenzia dei Monopoli, estorsione aggravata dall’agevolazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. Tramite società intestate a prestanome sono state installate capillarmente postazioni di gioco d’azzardo abusive, collegate in rete a siti internet esteri. I proventi sarebbero stati utilizzati per il sostentamento economico delle famiglie mafiose di Licata e Campobello di Licata, o trasferiti a esponenti di vertice della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, consentendo a Cosa Nostra il profitto e il consolidamento del controllo del territorio.

Vincenzo Corvitto

Le indagini, coordinate dalla Procura di Palermo, sono ruotate intorno all’imprenditore nel settore delle scommesse on line Vincenzo Corvitto, 50 anni, di Licata. Lui avrebbe stretto un patto con Cosa Nostra rendendo a disposizione le sue strutture societarie, assumendo persone indicate dai clan e contribuendo ai bisogni di denaro dei detenuti in cambio della protezione mafiosa che gli avrebbe garantito di conquistare e mantenere il monopolio nel settore delle scommesse. Il prossimo 21 maggio, innanzi al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Palermo, Lorenzo Chiaramonte, compariranno, oltre Convitto, altri nove imputati: Antonio Cardella, 34 anni, di Licata, Antonino Damanti, 41 anni, di Licata, Angelo Di Marco, 47 anni, di Licata, Salvatore Morello, 40 anni, di Licata, Sergio Cantavenera, 47 anni, di Licata, Salvatore Giglia, 62 anni, di Campobello di Licata, Salvatore Pira, 53 anni, di Licata, Angelica Gentile, 53 anni, di Licata, e Carmelo Savarino, 56 anni, di Campobello di Licata. Agli atti delle indagini si sono anche parecchie registrazioni i di conversazioni di Corvitto il quale, ad esempio, temendo le intercettazioni, si preoccupa così: “Ora mettiamo il caso che questo coglione parla con qualunque altro coglione… in automobile… Gli elementi sono quelli che si conoscono… Mi finisce nuovamente a bordello… Che guadagno ne ho io?… lo macchine nel bar non gliene metto nemmeno se viene Gesù Bambino…. in cielo e in terra… ”. E in riferimento allo stesso Corvitto, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale, Walter Turturici, nell’ordinanza cautelare ha scritto: “Le conversazioni captate delineano la personalità spregiudicata di Vincenzo Corvitto e la sua chiara propensione ad assecondare compromessi con la criminalità organizzata pur di ottenere guadagni, ben consapevole dei ritorni in termini di protezione nei contesti territoriali in cui sono allocati i suoi interessi economici, e dei vantaggi conseguenti al trattamento di favore derivante dalla posizione di egemonia nel comparto economico di interesse”.