“La pistola l’aveva Lillo Zambuto, ha sparato lui. E ha ucciso mio fratello Roberto”. Così Angelo Di Falco ha dichiarato al giudice Miceli che lo ha interrogato nell’udienza di convalida dell’arresto dopo la sparatoria venerdì pomeriggio innanzi alla concessionaria d’auto di Zambuto ad Agrigento al Villaggio Mosè. Anche l’altro indagato, Calogero Zarbo, ha confermato che a estrarre la pistola e a sparare è stato Zambuto. Il terzo ristretto in carcere, Domenico Avanzato, ha invece sostenuto di avere soltanto accompagnato in auto i fratelli Di Falco, di non avere picchiato nessuno e di non essersi accorto di nessuna pistola. La Procura contesta ai tre palmesi, a vario titolo, i reati dell’omicidio per errore di Roberto Di Falco, il tentato omicidio di un figlio di Zambuto contro cui Angelo Di Falco avrebbe puntato la pistola per sparare ma l’arma si è inceppata, detenzione e porto illegale di arma da fuoco.

Uno dei difensori, l’avvocato Santo Lucio, ha raccontato dei contrasti tra Zambuto e i Di Falco per la compravendita di alcune automobili, che hanno litigato al telefono venerdì mattina, e che Zambuto e figli avrebbero temuto la reazione armandosi con una pistola, un martello e una pala. Nel frattempo un agrigentino di 41 anni, Calogero Gastoni, è stato denunciato per violazione di sigilli perché è stato sorpreso dalla Polizia dentro il parcheggio innanzi alla stessa autoconcessionaria sotto sequestro. Lui, Gastoni, già prosciolto dall’imputazione di un omicidio a Favara, si è giustificato così: “Sono entrato per dare da mangiare ai cani di Zambuto”.